Situato nell’antico e suggestivo borgo di Roviano, il Museo della Civiltà Contadina è stato il primo allestimento museale di carattere demo-etnoantropologico del Lazio. Il primo atto di fondazione risale al 16 novembre 1975, quando, con delibera consiliare, l’amministrazione comunale istituisce il Museo ai sensi della legge regionale n° 76.
La maggior parte degli oggetti che in esso sono conservati sono il frutto dall’appassionata e paziente operazione di costruzione di relazioni e di raccolta che Artemio Tacchia (insegnante rovianese, studioso della storia e delle tradizioni della Valle), ha effettuato per oltre un ventennio. Il lavoro di ricerca che ne è alla base è riconducibile all’attività svolta dalla Cooperativa Interdisciplinare per i Beni Culturali e Ambientali (in sigla CIBCA), che – assieme al Centro Culturale Pubblico Polivalente / Consorzio Valle dell’Aniene – inaugurò a Roviano, l’11 maggio del 1980, una mostra intitolata Foto, documenti, testimonianze sulla cultura materiale, il lavoro, la storia. Per la costruzione del Museo della civiltà contadina Valle dell’Aniene. La mostra presentava i primi risultati di uno studio avviato nel 1979 e andò a costituire il primo nucleo espositivo del Museo [v. Franca Fedeli Bernardini, Paola Elisabetta Simeoni (a cura di), Ricerca e territorio. Lavoro, storia, religiosità nella valle dell’Aniene, De Luca 1991].
Negli anni Ottanta il Museo ha attraversato un periodo difficile, che ha portato alla dispersione di parte degli oggetti; ma, nel 1990, l’impegno e la premura di Artemio Tacchia (e dei suoi allievi della scuola elementare) ha permesso una nuova fase di raccolta, restauro e ripulitura e quindi la riapertura al pubblico. Da allora la collezione è andata progressivamente ampliandosi fino al suo completo riallestimento, nel 2001, nella sede del Castello Baronale, il più rilevante monumento architettonico del paese. La rocca fortificata che ospita il museo è appartenuta per oltre mille anni, ad alcune tra le maggiori famiglie nobiliari romane (Colonna, Barberini, Massimo e, in ultimo, Brancaccio, da cui ha ereditato il nome). Dalla sua posizione privilegiata, nel punto più alto del borgo, è possibile osservare un’ampia porzione del paesaggio della Valle dell’Aniene e dei monti che la delimitano.
Il museo – organizzato per sale tematiche – conta oggi una collezione di circa 2000 pezzi provenienti per la quasi totalità da donazioni di cittadini e famiglie di Roviano e da molte persone di quasi tutti i paesi della Valle dell’Aniene, primo fra tutti Castel Madama.
L’ampia raccolta fa riferimento ai temi della pastorizia, dello scambio dei prodotti, della lavorazione della terra, della famiglia, della scuola, della religiosità popolare, del contesto territoriale. Pur richiamandosi alla “civiltà contadina”, il museo raccoglie anche elementi che esulano dall’ambito agro-pastorale e che rinviano alle trasformazioni che hanno investito a più riprese la Valle dell’Aniene. Il percorso di visita si snoda attraverso numerosi ambienti che evidenziano, con l’ausilio di peculiari scelte espositive, la ricchezza e l’articolazione delle raccolte, svelando il complicato intreccio tra cultura contadina, pastorale, artigiana e operaia.
Nell’antica cappella privata del palazzo, decorata con affreschi del 1500, sono stati riuniti gli oggetti della devozione, di provenienza colta e popolare: rosari, paramenti sacri, breviari, santini, carteglorie, ex-voto, strumenti liturgici delle confraternite. Tale accostamento, marcato dalle scelte espositive, sottolinea la compresenza storicamente conflittuale della cultura contadina con quella “di palazzo”.
Un’intera sezione è dedicata al lavoro dei minatori, fenomeno peculiare della recente storia di Roviano. Esposti su un’isola di sassi che ne evoca l’ambiente lavorativo, scarponi chiodati, lampade ad acetilene, mazze, picconi, carriole, chiodi, illustrano un lavoro che ha connotato la vita di molti abitanti della Valle, ad iniziare dalla costruzione della linea ferroviaria Roma-Pescara, alla fine dell’Ottocento, fino alla realizzazione dell’autostrada negli anni Settanta.
I più recenti interventi sull’allestimento sono stati ideati con l’obiettivo di vivificare gli oggetti attraverso mirati espedienti museografici: la dislocazione di zone sonorizzate, la trasfigurazione scenografata di ambienti, l’uso di strutture materiche, la multivisione, che riportano idealmente gli oggetti al loro territorio e ai loro donatori. Esso è stato concepito per illustrare tutte le fasi di vita dell’oggetto: dalla sua nascita artigianale, alla sua fase funzionale, fino alla sua dismissione e al momento affettivo della conservazione.
Il Museo ospita anche una sezione archeologica, recentemente inaugurata: la sala degli Acquedotti Aniensi (dove sono raccolti antichi reperti appartenenti agli acquedotti romani che dalla Valle dell’Aniene portavano l’acqua nella città di Roma) e la sala Via Valeria e Sublacense, dove è possibile osservare alcuni resti rinvenuti durante gli scavi delle Viae Valeria e Sublacensis, importanti nodi di scambio per il commercio romano ai tempi dell’Impero.
{Il sito è in allestimento, la pagina è da considerarsi provvisoria}